PEPERONE: UNA COLTURA ESIGENTE IN TERMINI DI VEGETATIVITÀ!

Di provenienza sud-americana, il Peperone è una delle Solanacee maggiormente coltivate nella fascia trasformata sicula. Tuttavia, la relativamente recente diffusione della serricoltura, ha consentito l’espansione del Peperone in tutte le regioni del nostro Paese, essendo coltivato anche in aree agricole del Piemonte, Veneto, Lazio, Marche e Umbria.

Il Peperone è una solanacea molto esigente in termini di Temperatura (>25°C) e Umidità Relativa (50-70%) e, pertanto, si localizza in cicli lunghi a partire da trapianti effettuati tra settembre e ottobre, per poi intensificarsi nel periodo più tardivo, nella primissima primavera, tra fine febbraio e marzo.

Coltura che ben si presta ad un lavoro in IPM (Integrated Pest Management), attraverso l’impiego in esteso di Antagonisti naturali, sia contro i Fitofagi che nei confronti di Agenti tellurici di danno e malattia (Meloidogyne, Rhizoctonia, Fusarium, Verticillium, ecc.).

L’apparato radicale, infatti, è ben più superficiale rispetto a Pomodoro e Melanzana, per cui il peperone è una coltura esigente in termini di approvvigionamento idrico e irrigazioni di soccorso, specie durante la fase di ingrossamento frutti: in questa specifica fase, infatti, le bacche sono suscettibili a fisiopatie quali il “blossom-end-rot” (marciume apicale) o, qualora la vegetazione non sia sufficiente, a ustioni solari non di poco conto.

La conduzione colturale deve essere quindi volta verso il massimo rispetto delle esigenze vegetative nelle prime fasi di crescita, favorendo l’emissione di foglie ampie, fusti ben ricchi di midollo, piante alte e internodi relativamente lunghi, al fine di ridurre la probabilità di produrre frutti tozzi e/o deformati, incastrati tra i getti vegetativi, ustioni e tendenza a marciume apicale. Elementi come il telo di copertura, l’ombreggiamento, il telo sottotetto, la gestione delle aperture e il saggio l’utilizzo dell’irrorazione sovrachioma, costituiscono interventi agronomici atti a ottimizzare il raggiungimento di questi obiettivi prefissati.

Ruolo da non sottovalutare rivestono i protocolli fertirrigui e gli eventuali trattamenti fitosanitari da adottare: da privilegiare gli apporti NP e il Ca++, fondamentali per la costruzione di tessuti parenchimatici e la fortificazione di quelli di sostegno.

Un esempio di conduzione nell’area trasformata locale è dato dalle foto allegate al post: una serra tradizionale in legno coltivata a peperone, su suolo tendenzialmente sabbioso, è condotta inizialmente con inoculi di Micorrize e PGPR (Kappastop, Itaka) e Sostanze di base con estratti di Allium cepa L. (Zeus EV, Itaka), per la difesa tellurica. Biostimolanti Non-Microbici a base di fermentati batterici ricchi di molecole biochimicamente attive ad azione ormono-simile (Maxy root, Itaka), umati (H-850, Cosmocel), acidi organici, L-amminoacidi liberi e fitormoni sono ora somministrati al fine di stimolare radicazione e attività xilematica utile per i processi di fotosintesi e costruzione dei tessuti. La fertirrigazione minerale è fenofasica e basata sull’impiego prevalente di NP e Nitrato di calcio.

Il risultato, come evidente dalle foto, è una pianta ben robusta, con ampie foglie di prima vegetazione e internodi regolari, con i primi bottoni fiorali in formazione in corrispondenza della “corona” apicale: una coltura definita “vegeto-generativa”! Prossimo step, è il mantenimento della generatività, favorendo la produzione di un adeguato e fertile polline nei fiori, condizione fondamentale per l’autoimpollinazione e l’allegagione.

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fonti:
Siviero P., Trentini L. (2006), Orticoltura, Edagricole