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L’ERIOFIDE RUGGINOSO: UN NEMICO INSIDIOSO DA CONOSCERE…

03-12-2020 18:48

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L’ERIOFIDE RUGGINOSO: UN NEMICO INSIDIOSO DA CONOSCERE…

Acaro argentato, Ragnetto rugginoso… chiamiamolo come vogliamo, ma molti degli addetti ai lavori avranno avuto a che fare, almeno una volta nella...

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Acaro argentato, Ragnetto rugginoso… chiamiamolo come vogliamo, ma molti degli addetti ai lavori avranno avuto a che fare, almeno una volta nella loro carriera, con questo insidioso acaro fitofago che spesso colpisce il pomodoro. 

L’Eriofide Rugginoso, nome scientifico Aculops lycopersici (Massee), è un acaro della famiglia degli Eriofidi. Di origine australiana, ormai cosmopolita, è caratterizzato dall’avere dimensioni ridottissime (0,15-0,18 mm), di aspetto vermiforme, colore da giallognolo a brunastro, con sole due paia di zampe anteriori e le caratteristiche pliche trasversali (c.a. 27) disposte sul tegumento che ne riveste il corpo.
 
Perché è così dannoso?

 

Gli Eriofidi sono dotati di un fascio di stiletti capaci di infliggere microferite sui tessuti che colonizzano, ove ricavano i succhi cellulari e iniettano sostanze ad azione fitotossica, le quali determinano fenomeni irritativi nei tessuti, con conseguenti deformazioni, arricciamenti, suberificazione, decolorazioni e aspetto “rugginoso” della parte colpita. Nel pomodoro coltivato è spesso interessata l’area intorno al colletto, con decorso centrifugo verso l’alto, quindi porzioni intere di fusti e palchi, ove è tipica la presenza di aree rugginose e/o suberificate, oppure di fessurazioni corticali irregolari, accompagnate da seccumi che, nel caso dei frutti, ne deprezzano notevolmente le qualità merceologica.

 

Nelle primissime fasi dell’attacco, non sempre è possibile osservare le rugginosità (caratteristiche invece dell’avanzata infestazione), ma si possono notare aree lievemente bronzee, accompagnate da un leggero strato pruinoso (una sorta di leggerissima “polverina” di colore brunastro), tipico dei frutti: grazie ad uno stereomicroscopio, già a circa 20x, si osservano le forme adulte e mobili dell’acaro su queste superfici colpite, riconoscibili dalla forma affusolata, particolarmente vivaci nei movimenti. Nei casi di infestazioni avanzate, le colonie risultano, all’osservazione, come veri e propri agglomerati di individui, ricoprenti l’intera superficie colpita.

 

Gli Eriofidi sono acari che si affidano al vento e alle operazioni colturali per diffondersi e disperdersi: nelle aree serricole esposte, venti favorevoli, elevate temperature e clima “secco”, garantiscono una rapida crescita sulle piante, nei cui tessuti l’acaro crea diverse colonie e focolai, ben presto veicolati da una pianta all’altra.

 

Aculops è in grado di riprodursi anche partenogeneticamente (cioè le femmine sono capaci di deporre le uova senza accoppiarsi), deponendo fino a 50-60 uova per ciclo, con uno sviluppo che si completa in meno di 3 giorni a temperature intorno ai 26,5°C e una bassa umidità relativa dell’aria (UR 30%). Ciò consente all’acaro di compiere un elevato numero generazioni della durata di 6-7 giorni, che però può rallentare e/o arrestarsi quando la temperatura scende i 10°C.

 

L’ambiente serricolo, sappiamo, è tuttavia caratterizzato da regimi termici che solitamente permangono oltre 20°C anche nei periodi più freddi dell’anno, consentendo a questo fastidioso acaro fitomizio di perdurare anche nella fase invernale, instaurandosi permanentemente sulle colture di pomodoro e costringendo gli agricoltori ad applicare protocolli fitosanitari antiacaro per tutto l’anno.

 

Leggi la parte 2: nemici insidiosi da combattere

 

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fonti:

 

Baradaran A. P., Daneshvar H. (1992). Studies on the biology and chemical control of tomato russet mite, Aculops lycopersici (Acari: Eriophydae), in Varamin. Applied Entomology and Phytopatology, 59, 1-2, 25-27.

 

Laffi F., Ponti I. (1997). Acari dannosi alle piante. Ed. L’Informatore Agrario, Verona.

 

McKinlay R.G., Spaull A.M., Straub R.W. (1992). Pest of Solanaceous Crops. In: McKinlay R.G. (ed.), “Vegetable Crop Pests”, Macmillian Press, London

 

Foto di campo e stereomicroscopiche:  Francesco Maugeri 

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