Nel periodo invernale odierno, quando caratterizzato da notevoli sbalzi termici e, soprattutto, abbassamenti significativi nella temperatura minima, è frequente incappare in fenomeni di raffreddamento e stress da basse temperature nelle piante coltivate.
Per le orticole coltivate nella fascia trasformata come lo Zucchino, lo spettro delle temperature minime cardinali e critiche, è costituito da una forbice non molto ampia, che spesso non consente margini di manovra. È fondamentale, infatti, consentire una relativa costanza nelle condizioni ambientali di sviluppo, favorendo il mantenimento di un range termico compreso tra i 24-27°C (minima ottimale) e i 11-15°C (minima cardinale): valori al di sotto dei 10°C arrestano lo sviluppo e la produttività generale delle Cucurbitacee, cagionando danni più che significativi appena raggiunti i 5-0°C (minima critica). In quest’ultimo caso, la pianta è influenzata da vere e proprie anomalie del metabolismo e dell’intera fisiologia, con cristallizzazione progressiva dei tessuti.
Zucchino e Cetriolo sono piante costituite per oltre il 95% da acqua, per cui la cristallizzazione di quest’ultima determina danni da gelo irreversibili ai tessuti.
L’abbassamento termico è un evento che le piante affrontano in maniera diversificata in funzione delle zone organografiche e citologiche coinvolte: i fasci vascolari tendono infatti a presentare una limitata funzionalità, mostrando un rallentamento nella traslocazione degli elaborati; quest’ultimi sono condizionati dalla fotosintesi, pienamente funzionale solo a temperature superiori a 10°C. Anche le radici risultano condizionate, riducendo l’attività assorbitiva e assimilatoria a regimi termici inferiori a tale valore, generando disfunzioni nutrizionali immediatamente visibili sulla pianta, come la colorazione bruno-rossastra o violacea dei tessuti fogliari, indice di insufficiente assimilazione di Fosforo.
Il metabolismo di proteine e grassi risulta anch’esso fortemente condizionato in fase di raffreddamento, condizionando anche la funzionalità delle citomembrane (formate dalle stesse proteine e grassi). Quest’ultime sono tra gli organi cellulari a soffrire la destrutturazione durante la prima fase di gelo: intanto che il raffreddamento procede verso valori sempre più bassi, i grassi saturi che compongono la struttura fosfolipidica della membrana, tendono via via a “solidificare”. La perdita di elasticità e permeabilità delle citomembrane è tra i fattori fondamentali della necrosi dei tessuti, corroborata dal congelamento dall’acqua che compone il citosol cellulare e dalla perdita di soluti e sostanze dalla cellula. Foglie clorotiche e perdita di cromatura verde sono tra i sintomi tipici esteriori di questa fase.
La formazione dei cristalli di ghiaccio è strettamente connessa alla rapidità con cui il congelamento avviene: infatti è noto come la cristallizzazione avvenga dapprima negli spazi intercellulari e nei fasci vascolari del Legno, quindi successivamente nel citosol e a carico dei liquidi del vacuolo. La cristallizzazione di tutta l’acqua tissutale presente si verifica in maniera progressiva e secondo gradiente termico da zona a zona, fino alla formazione di cristalli di ghiaccio di dimensioni sempre maggiori. Ciò favorisce la lisi cellulare finale e la completa disidratazione delle cellule presenti. Sintomo esteriore del congelamento grave, è quindi la necrosi, il blocco metabolico totale e la perdita di liquidi, con relativa allessatura degli organi colpiti.
La velocità con cui l’evento colpisce le piante può essere sfruttata per “preparare” le stesse a subire il raffreddamento: i vegetali, infatti, affrontano la condizione di gelo producendo ormoni (acido abscissico) e proteine specifiche, quest’ultime in grado di legarsi ai cristalli di ghiaccio, diminuendo la temperatura specifica e ritardando pertanto la lisi e quindi i danni ai tessuti. Riuscendo a “sovraraffreddare” anticipatamente e progressivamente le colture, attraverso l’esposizione continuata e lenta ai regimi termici bassi, è possibile favorire l’accumulo di sostanze ad effetto “antigelo”: Proteine (dette “Proteine-antigelo”), Zuccheri, Fruttani, Mannitolo, Sorbitolo, Trealosio, Glicinbetaina, ecc., si comportano come vere e proprie sostanze antigelo, concentrandosi nei vacuoli e nel citosol, allungando il momento di cristallizzazione dei liquidi ivi presenti.
Tra le sostanze quindi interessanti in applicazioni in campo capaci di mitigare i potenziali danni da gelo, vi è la GLICINBETAINA (Glycin-B, Simcro), specie se aggiunta in somministrazioni fogliari e/o radicali: nel caso dello Zucchino miscelata alle ormonature periodiche effettuate. Essa contribuisce in larga misura nell’integrità delle citomembrane e nelle funzioni cellulari in caso di notevoli sbalzi termici. La glicinbetaina migliora lo stato idrico generale delle piante, influenzando positivamente il bilancio idrico e la conservabilità dei frutti raccolti. È consigliabile quindi iniziare da subito i protocolli preventivi di fortificazione e protezione, in misura preventiva ai potenziali crolli termici, al fine di riuscire ad acclimatare precocemente le coltivazioni e ridurre quanto più possibile eventuali danni gravi da gelo e/o da raffreddamento.
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fonti:
E. Di Stasio, S. De Pascale. EFFETTO DI GLICINBETAINA E 1- MCP SU STATO IDRICO E LONGEVITÀ DI STELI RECISI DI GAROFANO (DIANTHUS CARYOPHYLLUS). Dipartimento di Ingegneria Agraria e Agronomia del Territorio, Università degli Studi di Napoli Federico II.
L. Taiz - E. Zeiger, Fisiologia Vegetale, 6 Ed. - Piccin – 2015
Tecnica di Coltivazione fuori suolo e di propagazione, esigenze climatiche, produzioni medie e avversità delle principali specie di ortaggi coltivati fuori suolo (modificato e rivisto da Tesi, 2008; Agnolin, 2007; Pollini, 2008; AA.VV., 2011; Pardossi et al., 2018)